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Storia Dei Tarocchi

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2017 19:55
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Città: MARANO VICENTINO
Età: 30
Sesso: Maschile
08/04/2017 14:10

Storia dei Tarocchi
L’origine dei Tarocchi è incerta e nel corso dei secoli si è tentato di delineare le tappe di sviluppo di questi particolari mazzi di 78 carte usati inizialmente a scopo ludico poi trasformati in oggetti divinatori. Si è certi comunque che l’invenzione degli arcani minori preceda di gran lunga l’invenzione degli arcani maggiori. Se considerassimo gli arcani minori come carte da gioco allora la prima apparizione di una forma primitiva di “tarocchi” potremmo collocarla nella Cina del VIII secolo. Arrivando in Europa nel 1371 troviamo il termine “naips” che definisce delle carte da gioco di origine probabilmente araba. Il gioco approdò in Italia nel 1379 con il nome di naibi ed ebbe un discreto successo all’interno della popolazione. Non si sa ancora comunque come erano questi mazzi (non si sa ad esempio se presentavano i semi italiani: coppe, denari, bastoni, spade) si sa soltanto che erano in totale 40 carte ( 10 per seme). Nel 1392 ritroviamo registrato un pagamento a Jacquemin Gringonneur da parte del re di Francia Carlo VI, per tre giochi di carte. Nel 1408 nell’inventario dei beni di Luigi di Valois, duca d’Orleans e della moglie Valentina Visconti, compare la prima testimonianza di carte lombarde. Nelle corti dei Visconti il gioco di carte era di fondamentale importanza tanto che possiamo definire la Lombardia ed in particolare Milano il primo centro di produzione di Tarocchi. Nel 1415 Filippo Maria Visconti commissionò un mazzo innovativo dal punto di vista simbolico. Il mazzo raffigurava 16 icone presenti nell’antichità:
 GIOVE
 GIUNONE
 PALLADE
 VENERE
 APOLLO
 NETTUNO
 DIANA
 BACCO
 MERCURIO
 MARTE
 VESTA
 CERERE
 ERCOLE
 EOLO
 DAFNE
 CUPIDO
Di queste carte non vi è più traccia e sono andate perdute. Ci rimane soltanto il libretto scritto dall’autore Marziano da Tortona. Sappiamo il nome del mazzo “carte dei XVI Dei”. Questo mazzo potrebbe aver ispirato il famoso Tarocco Visconti/Sforza che essendo il più antico conosciuto, né farebbe il precursore di tutti i Tarocchi. Pensiamo alla figura tradizionale di Cupido, nei Tarocchi dei Visconti abbiamo un chiaro riferimento a questo personaggio dell’antichità nel trionfo VI del Matrimonio. Oppure pensiamo al trionfo XI la Fortezza che rappresenta un uomo con una mazza che sta sottomettendo un leone, possiamo chiaramente scorgere la figura di Ercole. Al di la di queste osservazioni che evocano sicuramente una origine Milanese dei Tarocchi non vi sono prove a sufficienza che attestino la paternità degli odierni trionfi ai Visconti. Tuttavia dobbiamo considerare che il più antico mazzo di Tarocchi appartiene a questa nobile famiglia ed è conservato alla Yale University nel New Heaven (da qui il nome Cary Yale). Il mazzo in questione purtroppo non è completo: undici trionfi, diciassette onori e trentotto carte numerali sono quello che ne rimane. Caratteristica di questo Tarocco è le sue dimensioni molto più grandi rispetto al normale e la presenza di ulteriori carte rispetto alle 78. Ciò dimostra l’intento dei Visconti di creare un nuovo gioco di carte. Altro mazzo commissionato da Filippo Maria Visconti è il “Brera-Brambilla” che differisce sia per le dimensioni che nella struttura. Il mazzo antico più completo fu commissionato probabilmente per il matrimonio fra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza avvenuto nel 1441 e prende il nome di “Visconti-Sforza”. Si presume che questo Tarocco sia la trasformazione definitiva della struttura a 78 carte. Il mazzo fu dipinto da Bonifacio Bembo stesso autore del “Brera-Brambilla”. Un altro mazzo storico diffuso intorno al 1470 è quello del Mantegna che del pittore ha soltanto il nome ma non la paternità. Alcuni studiosi ritengono che questo mazzo sia stato ideato da Michele Porrasio incisore ferrarese; altri ad una scuola di seguaci del Mantegna. Il mazzo denominato erroneamente “Tarocco” poiché diverso nella struttura, rappresenta allegoricamente la vita tardo-medievale e ha un carattere più educativo che ludico. Il modo con cui sono classificate le carte infatti ricorda la struttura del Convivio di Dante Alighieri. Nel XVI secolo la diffusione dei Tarocchi in Francia fu immensa e cominciarono a diffondersi particolari mazzi che furono probabilmente di ispirazione milanese. Nel XVII secolo la produzione risultò talmente vasta che alcuni studiosi hanno ipotizzato che i Tarocchi stampati in Francia in quel periodo raggiunsero il milione. Alcuni di questi mazzi permangono sino ad oggi. I “Tarocchi di Jacque Vieville” per esempio è un mazzo particolare poiché presenta una sorta di poesia scritta sull’asso di denari e sul due di denari vengono citati alcuni Trionfi. Troviamo inoltre “ I Tarocchi di Jean Noblet” interessanti per la ricerca storica del simbolismo. Per la prima volta ci avviciniamo alla struttura dei Tarocchi di Marsiglia così come è nota oggi. Le figure si ispirano probabilmente al “Foglio Cary” prototipo che fu di fondamentale importanza per la creazione dei Tarocchi Milanesi. Nel 1999 la casa Camoin ipotizzò l’assurda teoria che i Tarocchi di Marsiglia fossero stati creati in origine intorno al I secolo d.C. ipotesi subito smentita da queste evidenze storiche. Ricordiamo che l’appellativo Marsigliese o di Marsiglia venne introdotto nel 1930 da Paul Marteau, direttore della ditta Grimaud che decise di rieditare un mazzo del 1760 di Nicolas Conver. Sino ad allora veniva chiamato “Tarocco Italiano”. Il mazzo di Nicolas Conver è di fondamentale importanza poiché risulta tutt’ora il Tarocco di Marsiglia per eccellenza. Ritornando alla diffusione dei Tarocchi in Francia nel XVIII secolo il massone francese Antoine Court de Gebelin (1720-1784) diede vita all’interpretazione divinatoria di questi mazzi. Gebelin era convinto che ogni carta nascondesse un significato esoterico all’interno del gioco stesso dei trionfi. Egli supportava l’idea che i Tarocchi fossero niente altro che l’espressione diretta delle credenze egizie in particolare quelle magiche contenute nel “Libro di Thoth”. Nel 1773 pubblicò l’enciclopedia “Le Monde Primitif” basata sullo studio del simbolismo. Con queste affermazioni da parte di Gebelin i Tarocchi presero una strada che li portarono verso un utilizzo non più ludico ma divinatorio, volto alla predizione degli eventi. Sempre nel XVIII secolo, un indovino di Parigi, Jean-Baptiste Alliette conosciuto con il nome di Eteilla. Essendo uno studioso del sistema pitagorico Eteilla cercò di adattare i Tarocchi alle pratiche matematiche, inventando nozioni pseudo-scientifiche. Il “parrucchiere” così definito da molti, divenne il principale sostenitore delle teorie di Gebelin, tuttavia nelle sue opere non ne fece mai menzione. Nel XIX secolo Alphonse-Louis Constant (1810-1877) confutò il lavoro di Eteilla. Eliphas Levi così chiamato con il suo nome originario credette di trovare nei 22 arcani maggiori le lettere dell’alfabeto ebraico. Convinto delle affermazioni Eliphas Levi associò alla Cabala i 22trionfi. Tra il 1855-1856 pubblicò “Dogme er Rituel de la Haute Magie” in cui descrive concetti mistici, astrologici ed alchemici. Levi credeva nell’esistenza di un mazzo originario comune a tutti i popoli che servisse come oggetto per la conoscenza delle scienze occulte. L’abate non riuscì mai a realizzare questo mazzo tuttavia esaltò altri esoteristi dopo di lui. Successivamente a Levi, troviamo Jean Baptiste Pitois (1811-1877) che ideò un mazzo particolare che troviamo tutt’ora in produzione “I Tarocchi Egizi”. In verità Pitois non riuscì a crearlo e a produrlo ma venticinque anni dopo la sua morte un certo Renè Falconnier fece illustrare “Les XXII Lames hermètiques du Tarot divinatorie”. Sempre a Parigi ritroviamo Gerard Encausse (1865-1917). Gerard divenne famoso con il nome di Papus. Egli fu medico e membro dell’ordine cabalistico della Croce Rosa. Nel 1909 scrisse “Le Tarot divinatorie” dove stigmatizzava l’uso separato degli Arcani maggiori da quelli minori. Anche Papus disegnò il suo mazzo ispirandosi all’antico Egitto però non ebbe il successo sperato. In quegli anni ritroviamo il più grande conoscitore di simboli dell’epoca Oswald Wirth (1860-1943) che esaminò i Tarocchi nella loro completezza simbolica collegando principi astrologici, alchemici e cabalistici. L’occultista svizzero pubblicò un libro destinato a rimanere nella storia dei Tarocchi “Le Tarot des imagiers du Moyen Age”. Il libro però risente di errori e di forzature collegate soprattutto alle credenze di Wirth. Ad inizio secolo l’americano Arthur Edward Waite (1857-1942) appartenente alla Golden Dawn e successivamente alla massoneria pubblicò il “Tarocco Rider Waite” insieme alla sua allieva Pamela Colman Smith. Stilisticamente il mazzo apportò varie modifiche non solo dal punto di vista iconografico (gli arcani minori nel Rider Waite vengono raffigurati e vi è l’inversione Forza Giustizia negli arcani maggiori) ma anche dal punto di vista dell’accessibilità al mondo dei Tarocchi. Il successo dei Tarocchi Rider Waite divenne enorme e quasi la totalità degli esoteristi cominciarono ad utilizzarlo. Nel 1910 Waite scrisse “The Pictorial Key to The Tarot” dove prese le distanze dagli autori francesi suoi predecessori. Altro esoterista di quegli anni fu Aleister Crowley (1875-1947). Occultista controverso denominato da molti “la bestia” Crowley con l’aiuto di Frieda Harris compose il “The Book Of Thoth” mazzo totalmente estraneo alla struttura dei Tarocchi. Molti disegni di questo Tarocco furono cominciati più volte tanto che la prima edizione fu in bianco e nero. Il mazzo vero e proprio vide la luce soltanto nel 1977. Con l’avvento della moda New Age il numero di Tarocchi in commercio fu sempre più vasta. Oggi i Tarocchi sono in continua trasformazione e sempre più artisti producono mazzi che della parola “Tarocchi” hanno soltanto la denominazione. I Tarocchi sono un patrimonio da preservare poiché rappresenta l’evoluzione della nostra cultura ed arte in miniatura
[Modificato da violet.sara 09/05/2017 19:55]
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